Katha Upanishad

Il Katha Upanishad (Sanscrito: कठोपनिषद् or कठ उपनिषद्) è uno dei mukhya Upanishads (testi sacri induisti), contenuto nelle ultime 8 sezioni del Katha della scuola Krishna Yajurveda.[1][2] È anche conosciuto come Upanishad ed è il numero 3 nella lista dei 108 canoni Muktika.

Il Katha Upanishad è formato da due capitoli (Adhyāyas), ognuno diviso in 3 sezioni (Vallis). Il primo Adhyaya è considerato essere di più antica origine rispetto al secondo.[2] Upanishad è la leggendaria storia di un giovane ragazzo, Nachiketa - figlio di Sage Vajasravasa, che incontrò Yama (dio indiano della morte). La loro conversazione evolve in una discussione sulla natura dell'uomo, la conoscenza, Atman (anima) e Moksha (liberazione).[2]

La cronologia del Katha Upanishad non è chiara ed è spesso argomento di dibattito. Per i Buddisti infatti fu composto dopo i primi canoni buddisti (XV secolo a.C.). Per gli Induisti fu composto prima di tali testi nel 1 millennio a.C.[3]

Il Kathaka Upanishad è un antico ed importante corpus in Sanscrito della scuola Vedanta e un influente Śruti per le diverse scuole Induiste. Afferma che "Atman" (l'anima, il sé) esiste, insegna i precetti del "cerca la conoscenza di sé che è la più alta beatitudine", ed espone questa premessa come le altre Upanishad primarie dell'Induismo. L'Upanishad presenta idee che contrastano con l'Induismo con l'affermazione del Buddhismo secondo cui "l'anima, il sé non esiste" e il precetto del buddismo che si dovrebbe cercare "la vacuità" (Śūnyatā) che è la beatitudine più alta".[4][5] Gli insegnamenti dettagliati di Katha Upanishad sono stati variamente interpretati, come Dvaita (dualistica)[6] e come Advaita (non dualistica).[7][8][9]

È tra le Upanishad più studiate. Katha Upanishad fu tradotta in persiano nel XVII secolo, le cui copie furono poi tradotte in latino e distribuite in Europa.[10] Max Müller e molti altri l'hanno tradotto. Altri filosofi come Arthur Schopenhauer la lodarono, Edwin Arnold la rese in versi come "Il segreto della morte", e Ralph Waldo Emerson utilizzò Katha Upanishad per la storia centrale alla fine del suo saggio "Immortality", così come nel suo poema "Brahma".[7][11]

  1. ^ Johnston, Charles (1920-1931). The Mukhya Upanishads. Kshetra Books.
  2. ^ a b c Paul Deussen. Sixty Upanishads of the Veda. Volume 1, Motilal Banarsidass.
  3. ^ Stephen Phillips (2009), Yoga, Karma, and Rebirth: A Brief History and Philosophy, Columbia University Press,
  4. ^ Robert Altobello (2009), Meditation from Buddhist, Hindu, and Taoist Perspectives, American University Studies - Series VII, Peter Lang Publishers,
  5. ^ John C. Plott et al (2000), Global History of Philosophy: The Axial Age, Volume 1, Motilal Banarsidass,
  6. ^ Ariel Glucklich (2008), The Strides of Vishnu: Hindu Culture in Historical Perspective, Oxford University Press,
  7. ^ a b SH Nasr (1989), Knowledge and the Sacred: Revisioning Academic Accountability, State University of New York Press,
  8. ^ Kathopanishad, in The Katha and Prasna Upanishads with Sri Shankara's Commentary, Translated by SS Sastri, Harvard College Archives, pages 1-3
  9. ^ Patrick Olivelle (1996), The Early Upanishads: Annotated Text & Translation, Oxford University Press,
  10. ^ Philip Renard (1995), Historical bibliography of Upanishads in translation, Journal of Indian philosophy, vol 23, issue 2, pages 223-246
  11. ^ R White (2010), Schopenhauer and Indian Philosophy, International Philosophical Quarterly, vol. 50, issue 1, pages 57-76

© MMXXIII Rich X Search. We shall prevail. All rights reserved. Rich X Search